Palazzo della Sapienza, Aula magna nuova, 13 novembre 1961.
Relazione del Magnifico Rettore prof. Alessandro Faedo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 1961-1962
Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Parlamento, del Governo e della Corte Costituzionale, Magnifici Rettori, Autorità, Colleghi, Signore e Signori, Studenti,
pochi giorni or sono il Presidente della Repubblica in un discorso all’Università di Pavia, ha detto in quale alto concetto egli tenga le università e come egli consideri maturi i tempi per un più deciso ed organico intervento dello stato in loro favore.
Il Presidente ha inoltre voluto più volte ricordare la sua formazione universitaria a Pisa; testimonianza questa non solo dei suoi sentimenti verso il nostro Ateneo, di cui non certo io avevo bisogno di prove, ma anche della profonda impronta che un ben ordinato corso di studi universitari, aperto al dialogo fra maestri e discepoli, lascia nell’animo e accompagna tutta una vita.
Ciò ci fa ancora una volta riflettere che compito dell’università non è soltanto di preparare professionisti e tecnici per la società di domani, ma anche di formare uomini veri, proponendo ai giovani - o almeno ai migliori - i problemi vivi della cultura, facendoli meditare sulle esperienze delle passate generazioni, affinando le loro doti naturali in modo che i maestri di oggi possano affidare a mani sempre più valide la fiaccola dell’umano progresso.
Desidero ringraziare il Presidente della Repubblica per aver accettato il nostro invito alla duplice cerimonia odierna: l’inaugurazione della grande calcolatrice elettronica e quella del nuovo anno accademico; anno che iniziandosi in modo così solenne, alla presenza inoltre dei rappresentanti del Parlamento, del Governo e della Corte Costituzionale, dei Rettori delle università italiane e di tante autorità, cui va pure il mio vivo ringraziamento, mi auguro resti memorabile, se durante il suo corso cominceranno ad attuarsi le grandi realizzazioni per le quali ho avuto alto affidamento.
Prima di fare una breve relazione sul decorso anno, desidero rilevare che oggi il corpo accademico si presenta in una nuova divisa, che, rimodernando l’antica, reca palesi i colori distintivi delle facoltà. A taluno potrà apparire che le nostre toghe siano un fatto anacronistico, ma io sono convinto che la forma esteriore sia anche indice di una disciplina interiore, tanto che l’attenuarsi di quella potrebbe talvolta rivelare una crisi di valori ben più essenziali.
Lo scorso anno l’Università di Pisa ha subito alcune gravi perdite che hanno suscitato vasto rimpianto. Ricordo, fra i professori fuori ruolo, il prof. Leonardo Ludovico Preziuso già ordinario di Anatomia degli animali domestici e fra i professori di ruolo Luigi Russo, ordinario di Letteratura italiana, già Rettore dell’Università di Pisa e Direttore della Scuola Normale Superiore, la cui scomparsa, per il vivace spirito polemico e l’ingegno brillante, è da considerarsi un lutto non solo nostro ma di tutta la cultura italiana.
Fra il personale tecnico e subalterno ricordo Enzo Biagini, Cesare Luperini e Aida Soldani Corradi.
Sono stati collocati a riposo i proff. Arturo Galli della Facoltà di veterinaria, Francesco Cecioni, Salvatore Cherubino e Camillo Porlezza della Facoltà di scienze. Ad essi vada la gratitudine della Università di Pisa per quanto hanno dato nella loro vita operosa, con l’augurio che essa sia ancora lunga e serena.
In modo particolarmente commosso va la mia gratitudine a Francesco Cecioni, mio maestro, a tutti esempio di eccezionale senso del dovere e di onestà di vita. Basti dire che egli, che era fra i primi ogni mattina a entrare in Sapienza, è stato per lunghissimo tempo il solo professore dell’Università di Pisa che chiedesse ogni anno -come vuole la legge - la autorizzazione al Ministero a risiedere in località viciniore cioè a Livorno.
Forse è opportuno che io aggiunga che non per questo il Rettore ritiene che i rimanenti professori risiedano tutti stabilmente a Pisa.
Sono stati collocati fuori ruolo il prof. Arturo Santoro, preside della Facoltà di giurisprudenza e il prof. Enrico Pistolesi, preside della Facoltà di ingegneria; per la stima che ho di loro, sono certo che continueranno a dare nei prossimi anni la loro opera alle rispettive facoltà, con la stessa assiduità del passato.
Sona stati trasferiti all’Università di Roma il prof. Luigi Gorla e a quella di Genova il prof. Antonio Giampalmo, ai quali esprimo il più vivo ringraziamento per quanto hanno dato alla nostra Università. Sono stati trasferiti a Pisa da altri atenei i proff. Antonio Pesenti, Vincenzo Palazzolo, Giorgio Giampiccolo Tancredi Delogu della Facoltà di giurisprudenza e i proff. Arturo Massolo per la Storia della filosofia, Franco Dondoni per la Farmacologia e Guido Stampacchia per l’Analisi matematica.
Sono stati nominati straordinari, in seguito al concorso il prof. Piero Verrucoli per il Diritto privato comparato e il prof. Luigi Pera per l’Architettura tecnica.
A tutti i nuovi colleghi porgo il cordiale benvenuto nella Università di Pisa con l’augurio di un lavoro sereno e fecondo. Un particolare saluto augurale ai professori Jorès Cecconi, Floriano Papi e Tullio Derenzini, già assistenti nella nostra Università e passati in seguito a concorso professori straordinari rispettivamente nelle Università di Messina e Bari e all’Accademia navale di Livorno.
Il numero dei nostri studenti continua ad aumentare con ritmo costante ed ha superato lo scorso anno i 9.500.
Fra le convenzioni stipulate fra l’Università di Pisa e Enti vari, desidero ricordare l’istituzione della cattedra di Psichiatria con l’Amministrazione Provinciale di Pisa, sempre sensibile ai nostri problemi, e quella di storia e critica del cinema col Centro sperimentale di cinematografia.
Fra le varie manifestazioni che nel decorsa anno hanno attirato sulla nostra Università l’attenzione degli studiosi ricordo i congressi dei docenti di scienza delle costruzioni, quello di scienze farmaceutiche, quello di endocrinologia e allergologia; il convegno di scienze onomastiche e toponomastiche, il simposio internazionale di neurofisiologia e quello per lo studio delle sostanze grasse.
La nostra Università ha inoltre conferito la laurea «Honoris causa» a studiosi di altissimo prestigio: al premio Nobel Andrè Curnand in Medicina, a Roberto Ridolfi in Lettere, ad Alfred Kastler in Fisica.
Lo scorso anno io avevo annunciato che erano in corso di approvazione ingenti lavori di ampliamento, a carico dello Stato, dei nostri Istituti di Fisica e Geologia; tali lavori non si sono potuti iniziare perché la Corte dei Conti - in contrasto con la tesi a noi favorevole del Ministero dei LL.PP. - ha negato che gli ampliamenti degli edifici demaniali in uso alle Università spettino allo Stato.
Questa interpretazione - che potrebbe apparire umoristica non indicandosi a quale altro Stato si debbano rivolgere le Università italiane per ampliare i loro edifici - ha posto il nostro Istituto di Fisica in una critica situazione. Infatti i lavori verranno ora eseguiti con due anni di ritardo con fondi del piano della Scuola, ma, come le medicine che giungono troppo tardi, non è detto che possano ridare piena salute all’ammalato.
Da pochi giorni il Genio Civile ci ha consegnato il nuovo grandioso (anche se incompleto) Istituto di Chimica farmaceutica, citato in una recente pubblicazione (1) sul futuro delle università italiane quale esempio della «lenta burocrazia dei marmi».
L’Università dovrà procedere a ingenti spese per riadattare infissi e manufatti già deteriorati nel lungo decennio impiegato in questa impresa.
Quest’oggi la Commissione giudicatrice dell’appalto-concorso per la nuova sede della Facoltà di veterinaria, apporrà l’ultima firma alla relazione conclusiva sui suoi lavori, al cui inizio non dovrebbero ormai essere più frapposti ostacoli.
Comunico infine l’avvenuto acquisto del Palazzo Boileau che sarà degna sede del corso di laurea in Lingue della Facoltà di economia e commercio. Alla perfezione dell’atto manca soltanto l’approvazione del Consiglio di Stato, che voglio augurarmi comprenda che le università possono acquistare immobili a onesti prezzi di mercato ma non a quelli, talvolta molto inferiori al mercato stesso fissati dagli uffici tecnici erariali quando lo Stato sia l’acquirente.
In data recente il Ministero della Pubblica Istruzione ci ha comunicato la ripartizione dei fondi dei primi due anni del piano della Scuola. Ringrazio il Ministro Bosco per l’equa assegnazione fattaci di un miliardo e 89 milioni per l’edilizia e di 387 milioni per le attrezzature scientifiche, cui devo aggiungere 26 milioni per l’acquisto di un secondo microscopio elettronico sui residui della Legge 622.
Parte di queste somme sono già state stanziate per l’esecuzione di alcuni lavori urgenti, tra cui ricordo la sopraelevazione della sede della Facoltà di ingegneria e l’ampliamento degli Istituti di chimica; altri lavori, fra cui la costruzione dell’edificio destinato al Biennio di ingegneria saranno decisi al più presto.
Avrei ringraziato ulteriormente il Ministro se egli avesse mantenuto la promessa fatta ai rettori di assegnare tali contributi alle università senza fissare un piano di ripartizione tra le singole facoltà. Tali piani ministeriali, che ancora una volta ledono l’autonomia delle università, sono formulati su richieste da noi presentate quando non si conosceva ancora l’ammontare delle somme a nostra disposizione. La conoscenza di tale somma impone modifiche che, pur contemplate - se lievi - nella circolare ministeriale, sono in pratica difficilmente attuabili.
Dove finora il Piano della Scuola è del tutto carente è nello aumento del contributo ordinario dello Stato alle università, per le dotazioni dei propri istituti. Si pensi ad esempio che l’Università di Pisa conta circa 100 istituti, per la maggior parte a carattere sperimentale, con una dotazione media annua di L. 700.000, con cui gli istituti dovrebbero sopperire alle spese di funzionamento (acqua, luce, gas, riscaldamento, libri, attività didattiche e scientifiche). È questa una situazione alla quale è urgente porre rimedio, se non si vuole paralizzare la vita delle università; noi finora siamo riusciti a sopravvivere per gli aiuti del Consorzio Universitario Interprovinciale, del C.N.R. e di altri enti, che dovrebbero però sopperire a straordinarie attività scientifiche e non alla normale attività degli istituti.
La legge stralcio ci ha dato ancora 5 nuove cattedre e 22 nuovi posti di assistente di ruolo.
Ricordo ancora che la Costituzione assicura l’autonomia alle università «nei limiti stabiliti dalla legge dello Stato». Che tali limiti fossero assai angusti con le leggi emanate nel periodo fascista, era ben noto; ma che le nuove leggi democratiche ne aggiungano di nuovi e più grandi appare inconcepibile.
Infatti le cattedre sono assegnate dal Ministero alle facoltà per gruppo di materie e i posti di assistente e di tecnico direttamente alle singole cattedre. Ciò porta ad una situazione difficile per lo stesso Ministro, sottoposto a pressioni da ogni parte e a soluzioni che non sempre appaiono le migliori.
Ad esempio ricordo che mentre la nostra Facoltà di farmacia è rimasta, dopo le avvenute assegnazioni, ancora con una sola cattedra di ruolo, una Facoltà di veterinaria di altra università ha avuto una sesta inutile cattedra, mentre il problema della sua esistenza sarebbe stato meglio risolto dandole un posto di «studente di ruolo».
Devo inoltre sottolineare l’esiguità del numero di posti assegnati. Ad es.: la nostra Facoltà di ingegneria ha dovuto istituire, per la recente riforma degli studi, ben 70 nuovi corsi; la carenza del personale assistente, prima grave, è diventata paurosa e tale è continuata a restare dopo l’assegnazione di soli 4 posti di assistente, che non modifica per nulla la situazione.
Occorre che il Governo si renda conto che solo un intervento massiccio in questo campo può cambiare uno stato di fatto e che gli stanziamenti del piano della Scuola nel settore suddetto non seguono nemmeno il progressivo ,incremento del numero degli studenti. A Pisa, ad esempio l’incremento medio annuo del numero degli studenti, è stato ultimamente del 5% e quello delle cattedre del 2 % .
Desidero infine ringraziare il Ministro Bosco per l’assegnazione fattaci sul piano della Scuola a favore dell’Opera Universitaria di L. 142 milioni e per avermi assicurato ulteriori 120 milioni per il funzionamento dei collegi Pacinotti e Medico giuridico, consentendo così, finalmente la costruzione di una vera Casa dello studente: con tali fondi si è potuto tra l’altro potenziare l’efficienza della mensa universitaria e ridurre il prezzo dei pasti, si sta rendendo più efficiente il servizio di assistenza medica e farmaceutica agli studenti e sarà potenziata la possibilità di dare borse di studio ai meritevoli in non agiate condizioni economiche.
Se si riflette all’aumento del numero degli studenti che si avrà quando la recente legge dell’accesso alle università dei diplomati tecnici avrà piena applicazione, senza l’attuale remora del numero chiuso, e all’imponente numero di tecnici richiesti perché tutta l’Italia (e non solo le sue regioni più progredite) si adeguino al ritmo sempre più rapido della organizzazione industriale, appare chiaro che il problema della istruzione, e soprattutto di quella universitaria, è il primo problema per l’avvenire della Nazione.
Questo hanno voluto affermare le manifestazioni a carattere nazionale delle varie categorie universitarie, dagli studenti ai professori, susseguitesi nel corso del passato anno accademico in tutta Italia, ben al di sopra di particolari situazioni economiche, anche se gravi, di talune categorie.
Occorre inoltre che vengano realizzate, sia pure con meditata gradualità, alcune riforme di cui da tempo si parla, atte a rendere più snella, ossia più autonoma, e più funzionale la vita delle università, garantendo al tempo stesso un più razionale impiego degli ingenti mezzi richiesti.
Il Governo, al quale va riconosciuto il merito di un primo intervento massiccio, anche se non sufficiente o addirittura carente in alcuni settori, in favore delle università, avrà modo nella successiva attuazione del piano della Scuola di apportare le modifiche che l’esperienza di questo primo biennio consiglia, al fine di trasformarlo veramente in uno strumento di rinascita delle università.
Se Parlamento e Governo sono di ciò persuasi, sapranno trovare i finanziamenti occorrenti, sia incrementando la percentuale della spesa pubblica per l’istruzione in modo che l’Italia resti almeno nella scia delle Nazioni progredite, sia chiedendo un nuovo sforzo ai contribuenti che, ove vi sia la garanzia di un buon impiego, dovranno considerarlo come il più proficuo investimento per i loro figli.
I terreni sperimentali della nostra Facoltà di agraria sono sostanzialmente quelli di cui l’ha dotata oltre un secolo fa il suo fondatore Cosimo Ridolfi, salvo un appezzamento di terreno lontano e privo di ogni attrezzatura colonica datoci nel dopoguerra temporaneamente in uso dal demanio.
La sperimentazione agraria, sulla quale si fonda gran parte dell’avvenire economico della zona litoranea toscana, è gravemente ostacolata dalla mancanza di terreni idonei, mentre la preparazione dei nostri laureati rimane puramente teorica, mancando una azienda agricola nella quale essi possono applicare le teorie apprese.
Inoltre altre facoltà (ad es. la Veterinaria per la Zootecnia, quella di scienze per la Botanica e la Genetica, quella di Farmacia per la Botanica farmaceutica ecc.) hanno bisogno di terreni su cui effettuare la loro sperimentazione. Tutti questi problemi e quello della preparazione di tecnici agricoli ai vari livelli, hanno indotto il Ministro delle Finanze, sen. Trabucchi - cui desidero attestare la mia gratitudine per la sua illuminata decisione - ad esprimere parere favorevole per la concessione alla Università di Pisa della parte ancora libera della tenuta demaniale di Tombolo. Se il parere favorevole del Ministro è sufficiente a smuovere le viscosità burocratiche, io attendo con fiducia gli atti deliberativi conseguenti.
Tali terreni, quando fossero affidati ad una direzione tecnica ad alto livello, potrebbero divenire uno strumento essenziale per il progresso scientifico, da cui non potrebbe non scaturire un beneficio all’economia agricola dell’intera nazione.
Il Ministro delle Finanze mi ha inoltre confermato l’assegnazione del Palazzo Vitelli all’Università, il che avverrà non appena saranno ultimati per gli attuali occupanti, gli alloggi riservati nel villaggio C.E.P. di Barbaricina, in virtù di una assegnazione a suo tempo fatta dal Ministro dei LL.PP. on. Togni.
Due facoltà hanno gravissimi problemi edilizi da risolvere: quella di Ingegneria, che ha ora un numero di studenti più che decuplo di quello per cui era stata costruita 25 anni or sono l’attuale sede e che è da prevedere continuerà ad aumentare a ritmo sempre crescente, e la Facoltà di medicina.
Per questa Facoltà, poco prima dell’inizio della guerra, si era iniziata la ricostruzione di qualche clinica, programma che la guerra ha interrotto, rendendo nulli con la svalutazione gli stanziamenti allora ottenuti. La città di Pisa ha poi un complesso ospedaliero che, nonostante la buona volontà degli amministratori è ancora legato alle strutture dategli dalla Repubblica pisana, sette secoli or sono.
Le cliniche e gli istituti biologici esistenti, svolgono nell’area dell’ospedale, nel centro della città, dove manca lo spazio per la loro espansione, essenziale, non solo alla facoltà ma anche all’Ospedale.
Le condizioni di talune nostre cliniche - non considerando le nuove cliniche richieste dal progresso medico - e di qualche reparto ospedaliero, ricordano il lazzaretto descritto dal Manzoni.
L’unica soluzione del problema è di costruire un nuovo complesso clinico-ospedaliero in zona periferica, sopra un’area adeguata, che consenta una soluzione moderna e razionale. Non essendo concepibile, in una città delle dimensioni di Pisa, l’esistenza di due diversi complessi ospedalieri, l’area del vecchio ospedale dovrebbe essere destinata ad opere di pubblica utilità per la parte gravitante sulla Piazza del Duomo e all’espansione edilizia dell’Università per la parte retrostante.
Tale soluzione è stata prospettata anni or sono dal mio illustre predecessore, prof. Avanzi - in assenso con tutte le autorità locali - al Presidente della Repubblica perché egli, per l’amore che porta alla sua città e alla sua Università, desse alla opera il suo alto patronato.
Il Governo intende unire la soluzione di questo problema a quello dei policlinici di due grandi università, Roma e Napoli, che pure da anni sono in attesa.
Scartata, per la eccessiva complessità, una iniziale idea di inserire il problema dei tre policlinici universitari, in una legge generale per gli ospedali, i Ministri interessati si sono orientati successivamente su una soluzione più semplice e rapida del problema finanziario connesso e cioè la cessione in proprietà diretta alle tre università, con facoltà di alienazione al fine di costruire i policlinici, di un adeguato complesso di beni demaniali.
Questa soluzione ha pure dovuto essere ultimamente accantonata, perché non si sono potuti reperire - in ciascuna delle tre città - beni demaniali sufficienti a ricavare la somma richiesta.
Perciò recentemente il Governo si è orientato a ottenere direttamente dal Tesoro il finanziamento occorrente, scaglionandolo però in cinque anni, quanti si prevedono per la costruzione dei tre policlinici.
Mentre comunico che ho avuto autorevolissimi affidamenti a che la relativa legge possa essere presentata al Parlamento entro il 11961, desidero attestare al Presidente della Repubblica la gratitudine dell’Università di Pisa per il suo costante interessamento per questa opera, destinata ad assicurare lo sviluppo del nostro Ateneo per il prossimo secolo.
Desidero inoltre ringraziare il Presidente del Consiglio, on. Fanfani, che mi ha assicurato il suo interessamento affinché l’Università possa disporre della somma di 600 milioni, assegnata dallo Stato alcuni anni or sono alle cliniche universitarie, indipendentemente dalla erogazione da parte degli Enti locali di una somma equivalente.
Ciò risponde al fatto che gli Enti locali, pur essendo la zona in gran parte depressa, contribuiscono al potenziamento e allo sviluppo dell’Università in proporzioni che ci sono invidiate da zone più ricche.
Infatti anche questo anno il Consorzio Interprovinciale Universitario, che raccoglie gli enti delle province di Pisa, Livorno, Lucca, Massa Carrara, La Spezia e Grosseto, ha contribuito a varie iniziative con la somma di L. 55.000.000 garantendo. inoltre il funzionamento di una facoltà, quella di Economia e commercio, di cui il Consorzio sostiene quasi interamente l’onere.
Ma la migliore dimostrazione dell’amore e dell’aiuto che gli enti locali hanno dato e danno all’Università di Pisa è dato dall’Opera che oggi verrà inaugurata: La Calcolatrice elettronica.
Nell’anno 1954 le Province e i Comuni di Pisa, Livorno e Lucca offrirono un contributo di 150 milioni perché fosse costruito in prossimità di Pisa l’elettrosincrotrone da 1 miliardo di elettronvolt; questa offerta fu superata dai contributi promessi da province più ricche e l’elettrosincrotrone fu costruito a Frascati.
In una serie di consultazioni che i professori del nostro Istituto di Fisica ebbero con i maggiori fisici italiani, Fermi, Amaldi e Bernardini riuniti alla Scuola internazionale di Varenna, fu suggerita, in particolare da Enrico Fermi, che il modo migliore di utilizzare il finanziamento offerto era quella di dotare l’Università di Pisa di una moderna calcolatrice elettronica per ricerca.
Fu consigliato anche di costruirla dato che il prezzo di acquisto di una tale macchina sarebbe stato proibitivo.
Sorse così, nel 1955, il Centro studi sulle calcolatrici elettroniche, diretto fin dall’inizio dal prof. Conversi, allora ordinario di Fisica sperimentale a Pisa e da un professare di Matematica e uno di Elettronica.
Il Centro, iniziato con il lavoro appassionato di un piccalo gruppo di ricercatori qui attratti per l’interesse che portavano in tale campo di studi - e fra questi pionieri desidero ricordare l’ingegnere Tchou, diventato poi Direttore del Laboratorio ricerche elettroniche della Olivetti, scomparso tragicamente in questi giorni - creò via via il progetto della costruenda calcolatrice e un corpo di tecnici a tutti i livelli per realizzarne la costruzione.
Il Centro si articola in tre gruppi: logica-elettronico, logico-matematico e servizio calcoli, che hanno anche sviluppato ricerche originali sulle calcolatrici e campi limitrofi.
Alla coraggiosa iniziativa promossa dagli Enti locali si unirono successivamente altri enti: la Società Olivetti, per la illuminata visione che Adriano Olivetti aveva dei rapporti fra Università e industria stipulò una convenzione con la Università di Pisa, concedendo nuovi finanziamenti e l’aiuto di un suo proprio personale che presso il nostro centro ha affinato la sua preparazione; l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che tuttora inquadra parte dell’attuale personale del Centro; inoltre il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare, il Ministero della Pubblica Istruzione hanno dato ulteriori cospicui contributi che si sono aggiunti a ulteriori stanziamenti degli enti locali di Pisa, Livorno e Lucca, che hanno permesso il completamento dell’opera.
L’importanza di questa realizzazione è non solo nell’aver costruito la calcolatrice, il cui valore commerciale è dell’ordine di 1 miliardo di lire mentre il costo effettivo si aggira su un terzo, ma anche di aver costituito un centro di esperti, unico in Italia.
Altri centri di calcolo esistono in Italia dotati di calcolatrici, sia pure più piccole della nostra, sempre acquistate dall’industria. Solo all’Università di Pisa abbiamo un corpo di specialisti che fa ricerche in questo campo, da considerarsi di avanguardia per le applicazioni che già vi sono o si prevedono a svariati settori della scienza, dalla biologia all’automazione, dalla missilistica alla meteorologia.
Ringrazio tutti gli Enti che hanno contribuito a questa realizzazione e il prof. Conversi e tutti i suoi valorosi collaboratori, alcuni dei quali hanno lasciato più remunerative carriere nell’industria per venire a noi per pura passione scientifica, per il lavoro svolto con tanto ingegno e spirito di sacrificio.
Quale sarà l’avvenire del Centro? Desidero rivolgere un ringraziamento particolare al Presidente del C.N.R. prof. Polvani, che ben comprendendo l’importanza di tenere unito questo centro di ricerche, lo ha incluso fra le «grandi iniziative» ,che saranno potenziate dal C.N.R. ed ha già assicurato i fondi per l’anno in corso e una convenzione, da attuarsi fra breve, che assicuri vita duratura e potenziamenti successivi al centro, in modo che l’Italia possa far udire la sua voce anche in questo settore della scienza.
Vi ho così rapidamente tracciato un anno di vita del nostro Ateneo.
La meta da raggiungere, e cioè dare all’Università di Pisa un assetto adeguato alle esigenze attuali, è ancora lantana. Durante il prossimo anno, ultimo del mandato affidatomi dai miei colleghi, cercherò con tutte le mie forze di portarci ancora più vicino alla meta.
Con questi intendimenti dichiaro aperto l’anno accademico 1961-62, 618° dalla fondazione.
Prima di dare la parola al prof. Marcello Conversi che vi parlerà sul seguente argomento: «Il Centro di studi sulle calcolatrici elettroniche dell’Università di Pisa», mi è gradito consegnare al dott. Antonio Marsili la somma di L. 100.000 costituente il premio di studio «dott. Laura de Fazi».
Infine, prego il Presidente della Repubblica di voler consegnare le medaglie d’oro di benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte, da lui stesso conferite, alla memoria del prof. Clemente Merlo e del prof. Giulio Buonomini, nonché al prof. Remo de Fazi, preside della Facoltà di farmacia, e al prof. Corradino D’Ascanio, per lunghi anni professore incaricato nella Facoltà di ingegneria, pioniere e geniale inventore che ha affermato l’industria italiana nel mondo.
Alessandro Faedo
Da: Annuario dell’Università degli studi di Pisa per l’anno accademico 1961-1962.
1 Giuseppe Barillà: Un futuro per l’Università italiana, pp. 152-156, Bari, Laterza, 1961.