1965 - Inaugurazione a.a. 1965-1966

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Palazzo della Sapienza, Aula magna nuova, 1965.

Inaugurazione a.a. 1965-1966 - non_disp

Relazione del Magnifico Rettore prof. Alessandro Faedo, tenuta in occasione della inaugurazione dell’anno accademico 1965-1966

 

Eccellenze, autorità, signore e signori, colleghi, studenti,

lo stato di profondo disagio che attraversa la scuola italiana, e particolarmente l’università, ancora in attesa di leggi che ne adeguino le strutture alle esigenze della società attuale, in modo da raggiungere i suoi fini istitutivi di preparare i giovani alle professioni e di promuovere l’alta cultura e la ricerca scientifica fondamentale, si è manifestato a Pisa in modi e forme violenti che hanno costretto il Senato accademico a non tenere le inaugurazioni ufficiali degli anni accademici 1963-64 e 1964-65.

Poiché è ormai prossima la discussione in Parlamento del progetto di riforma delle università, ci auguriamo che si crei un clima di fiduciosa attesa nella saggezza dei legislatori, che permetta a tutti di riprendere serenamente il proprio lavoro. Infatti, a nulla varrebbero le riforme, se mancasse la concorde e onesta volontà di attuarle, ciò che può essere fatto soltanto se c’è l’impegno da tutte le parti di contribuire a risolvere con buona volontà i problemi che certamente non mancheranno.

Con questa fiducia e facendo appello al senso di responsabilità di tutti, il Senato accademico ha voluto riprendere l’inaugurazione ufficiale dell’anno accademico.

 

Riferirò dapprima sugli eventi più salienti degli ultimi due anni, poiché una mia relazione sull’anno accademico 1962-63 è già stata tenuta in una cerimonia svoltasi al Rettorato ed è stata già pubblicata nell’annuario dell’Università.

Ricordiamo anzitutto le perdite subìte dalla grande famiglia dell’Università di Pisa, che hanno suscitato profondo e vasto rimpianto.

Sono deceduti fra i docenti il prof. Arturo Magliano, già professore di Zootecnica generale e il prof. Arturo Galli, già ordinario di Patologia speciale e clinica chirurgica, entrambi già presidi della Facoltà di medicina veterinaria; il prof. Giuseppe Melinossi, incaricato di impianti elettrici nella Facoltà di ingegneria ed il dott. Tonino Mazzacurati, assistente alla clinica dermosifilopatica. Unisco nel ricordo, fra il personale amministrativo, Sergio Tommasetti, il tecnico Valerio Ciardelli e, fra i subalterni, Umberto Pucci e Vittorio Pannocchia. Ricordando con gratitudine quanto essi hanno dato all’Università di Pisa, rinnovo alle famiglie le condoglianze più vive.

Sono stati inoltre collocati fuori ruolo i professori Ottorino Bertolini, di Storia medioevale, Leonida Gancikoff, di Lingua e letteratura russa, Giovan Battista Paroli, di Clinica ostetrica e ginecologica, Nerlo Nerli, di Macchine. Sono stati collocati a riposo il prof. Enrico Avanzi, già ordinario di Agronomia generale e il prof. Michele Paris, già ordinario di Elettrotecnica.

A tutti ed in particolare al prof. Avanzi, che resse le sorti dell’Ateneo pisano negli anni duri della ricostruzione, va il nostro ringraziamento e l’augurio di un sereno riposo. Tale ringraziamento ed augurio inviamo anche a tutto il rimanente personale collocato a riposo dopo una vita intera spesa per l’Università e cioè al dott. Renato Mammolli, agli amministrativi Renato Ferrigno, Mario Bonamini, Rolando Lagnoni, ai tecnici Assunta Anselmi, Ezio Pratali, Mario Garzella, agli ausiliari ed operai Iside Cantoni, Ruffo Ricoveri e Quintilio Meucci.

Hanno lasciato l’Università di Pisa perché trasferiti ad altra Università i professori: Carlo Lavagna, Antonio Traglia, Giuseppe Martinoli, all’Università di Roma; Federigo Melis, Carlo Fumo, Marcello Focosi, Luigi Tonelli, Danilo Cozzi, Carlo Alberto Mastrelli, all’Università di Firenze; Giorgio Cavallo e Letterio Donato all’Università e al Politecnico di Torino.

A tutti vada il mio vivo ringraziamento ed un saluto cordiale che si fa particolarmente commosso e riconoscente nei riguardi del professor Donato, che per 27 anni diresse l’Istituto di scienza delle costruzioni e fu Preside della Facoltà di ingegneria.

A colmare questi vuoti e a coprire le nuove cattedre assegnate in questi ultimi anni, abbiamo avuto i seguenti professori, trasferiti da altre università: Cinzio Violante, di Storia medioevale, da Milano (Università cattolica); Aurelio Zanco, di Lingua e letteratura inglese, da Milano (Università Bocconi); Giovanni Prodi, di Analisi matematica, da Trieste; Feliciano Serrao, di Diritto romano, da Macerata; Antonio La Penna, di Letteratura latina, da Firenze; Elio Fazzalari, di Diritto processuale civile, Antonino Fava, di Chimica generale, e Mario Selli, di Urologia, da Perugia; Daniele Parvis, di Igiene, e Sergio Campanato, di Analisi matematica, da Bari; Pompeo Spoto, di Clinica ostetrica e ginecologica, da Siena; Giuseppe Falcone, di Microbiologia, da Sassari; Renato Einaudi, di Meccanica razionale, da Torino (Politecnico); Giuseppe Ferrari, di Diritto costituzionale, da Parma; Mario Matucci, di Lingua e letteratura francese, da Bologna.

Sono stati nominati straordinari in seguito a concorso i professori: Furio Diaz, di Storia; Guido Poli, di Scienza dei metalli; Enzo Capaccioli, di Diritto tributario; Marianello Marianelli, di Lingua e letteratura tedesca; Gherardo Stoppini, di Spettroscopia; Giancarlo Berti di Chimica organica; Carlo Raymondi, di Scienza delle costruzioni; Guido Santacroce, di Matematica finanziaria; Giuseppe Carro Cao, di Tecnologia meccanica; Giorgio Bartolozzi, di Costruzioni di apparecchiature chimiche; Sergio Giovannetti, di Semeiotica medica e Marino Marini, di Meccanica applicata alle macchine.

A tutti i nuovi colleghi, alcuni dei quali sono stati allievi del nostro Ateneo, porgiamo il cordiale benvenuto nell’Università di Pisa e formuliamo l’augurio di un lavoro sereno e fecondo.

Un saluto ed augurio vada anche agli assistenti dell’Università di Pisa che sono stati nominati, in seguito a concorso, professori straordinari in altre università; essi sono Pietro Caparrini, Emilio Cristiani, Goffredo Lotti ed Eugenio Luporini.

Il numero degli studenti iscritti nella nostra Università è continuato ad aumentare ed ha raggiunto lo scorso anno il numero di 12.445.

A questo aumento ha corrisposto quello del personale docente in virtù della legge n. 1073 dell’anno 1962; si è avuta infatti l’assegnazione di 10 nuove cattedre e di 89 nuovi posti di assistente di ruolo di cui 45 riservati ad assistenti straordinari. Si è avuta ancora l’assegnazione di 10 posti di tecnici laureati e di 12 posti di tecnici coadiutori. Tali incrementi sono però lontani dall’essere sufficienti, soprattutto in talune Facoltà, dove masse di giovani sempre più numerose abbisognano di un più diretto contatto con gli assistenti e i docenti, in numero ancora troppo esiguo per poter fornire un insegnamento efficace.

Passo ora ad esaminare rapidamente quanto è stato realizzato in campo edilizio, facoltà per facoltà, esponendo anche alcune osservazioni sui problemi non solo edilizi ancora aperti.

 

Facoltà di economia e commercio: questa Facoltà è la più giovane dell’Università di Pisa ed è stata costituita con una convenzione del 1956, di validità decennale, con la quale lo Stato concedeva il riconoscimento alla Facoltà, impegnandosi a erogare un contributo annuo di soli tre milioni. Alle cattedre avrebbe dovuto provvedere il Consorzio Universitario Interprovinciale e ai locali e a tutto il rimanente personale la Università, col ricavato delle tasse degli studenti. Nonostante che l’onere sopportato dal C.U.I. per la Facoltà di economia e commercio abbia ormai assorbito tutte le possibilità del Consorzio, che viene così a non poter adempiere alla sua funzione essenziale per le altre facoltà, nonostante che l’Università spenda per essa ben più di quanto possa introitare con le tasse, la situazione di questa Facoltà e dei suoi studenti è la più disagiata fra tutte.

Si tratta anzitutto di due Facoltà riunite assurdamente in una sola, mancando veri legami di affinità tra il corso di laurea in Economia e commerciò e quello in Lingua e letterature straniere; due facoltà che lo scorso anno avevano complessivamente quasi 5.000 studenti e cioè il 40% di tutti gli studenti iscritti all’Università di Pisa e per i quali non esistevano aule e istituti e non si aveva personale docente in quantità sufficiente. Per quello che riguarda i locali, abbiamo anzitutto affrontato il problema della sezione di Lingue e letterature straniere, che, con la massa dei suoi studenti, gravitava sulla Facoltà di lettere, a sua volta già ristretta di spazio.

Si è provveduto così all’acquisto del Palazzo Sanminiatelli in Piazza Cavallotti, alla sua sistemazione edilizia ed al suo completamento con alcune grandi aule. Il problema era da me tanto sentito, visto lo stato di disagio degli studenti, che ho voluto personalmente promuovere e seguire questa realizzazione in due anni di lavoro costante ed assiduo, superando innumeri difficoltà, prima fra tutte il reperimento dei fondi. Il costo dell’opera, fra acquisto, adattamento, ampliamento e arredamento dell’edificio è stato di L. 171 milioni, completamente a carico dello Stato, come pure a carico dello Stato sono state date alcune nuove cattedre e posti di assistenti, tecnici e altro personale, dimostrando così che la convenzione del 1956, già più volte infranta perché la facoltà potesse sopravvivere, non potrà assolutamente essere rinnovata nelle stesse condizioni il prossimo anno, alla sua scadenza. Di ciò parlerò tra breve. Non posso a questo punto però tacere l’azione sconsiderata degli studenti della sezione di lingue, che hanno occupato lo scorso anno con la violenza i locali appena approntati e non ancora ufficialmente consegnati alla Facoltà.

Le autorità accademiche avevano dimostrato con fatti concreti la loro ferma volontà di portare la sezione di lingue a un normale funzionamento, assumendosi la responsabilità di far effettuare lavori edilizi cospicui, con fondi dello Stato, che avrebbero invece dovuto essere destinati alle facoltà statali, che hanno pure i loro gravi problemi edilizi da risolvere. Esistevano ancora certamente cause di disagio, come l’inadeguato numero degli insegnanti e un ordinamento di studi pletorico e antiquato, che purtroppo, per l’attuale mancanza di autonomia sul piano didattico, può esser solo modificato dal centro; ma c’era la prova della costante volontà delle autorità accademiche di migliorare, per quanto loro possibile, la situazione, come del resto hanno ininterrottamente continuato a fare, indipendentemente dalle agitazioni. Mi auguro, pertanto, che gli studenti abbiano avuto modo di riesaminare in seguito, con animo più sereno, la situazione, sopratutto considerando che il loro comportamento ha per ora impedito di poter usare fondi dello Stato per dare una sede dignitosa agli istituti dell’altro corso di laurea della facoltà, che si trova ora in condizioni assai più precarie della sezione di lingue.

Infatti, per il corso di laurea in Economia e commercio è stato provveduto all’acquisto del terreno già dei Salesiani in Via dei Mille, dove dovrà sorgere la sede della Facoltà. L’ubicazione è assai felice, dovendo tale Facoltà trovare una sua sede in un posto vicino sia alla sezione di lingue, sia al palazzo della Sapienza, dove si svolgono gli insegnamenti giuridici.

Era essenziale, pertanto, non perdere questa occasione e alla spesa di L. 145 milioni ha provveduto il C.U.I., rastrellando praticamente per 5 anni ogni sua residua possibilità di intervento.

Quando si potrà costruire la nuova sede della Facoltà, questa lascierà il palazzo della Sapienza a completa disposizione della Facoltà di giurisprudenza. Ciò tuttavia potrà avvenire solo dopo che sarà attuata la statizzazione della Facoltà, quando cioè lo Stato avrà assunto a pieno carico il relativo onere finanziario. Quando sarà possibile un simile evento? Io ho già più volte sollevato tale problema al Ministro della P.I. come uno dei fondamentali per l’Università di Pisa e ho avuto assicurazione che esso potrà essere risolto nell’attuazione del piano della Scuola. Nello spirito di tale piano, la statizzazione dovrà avvenire con la creazione di due facoltà indipendenti. Inoltre, l’esigenza assoluta di preparare un numero adeguato di insegnanti per le Scuole medie, trova favorevole il Ministero della P.I. a trasformare l’attuale sezione di Lingue in una facoltà di Magistero, avente fra gli altri il corso di lingue e letterature straniere; tale soluzione inoltre avrebbe il vantaggio di essere più utile alla popolazione studentesca del litorale toscano, dove gli studenti provenienti dagli istituti magistrali sono ora costretti a scegliere soltanto l’insegnamento delle lingue straniere. Mi auguro che nel frattempo possa essere promossa sul piano nazionale l’auspicata riforma del piano di studi di lingue e letterature straniere, i cui studenti sono costretti a studiarne troppe, col risultato di non conoscerne profondamente nessuna.

Tale riforma potrebbe facilmente essere conseguita sul piano locale, ove l’autonomia didattica delle Università avesse veramente significato e ogni facoltà potesse organizzarsi responsabilmente a seconda dei docenti e dei mezzi di studio disponibili e non secondo norme rigide, spesso antiquate, che quasi mai sono aderenti alla realtà.

A questo proposito è da rilevare quanto sia dannosa la rigida distinzione sul piano nazionale tra insegnamenti fondamentali, che gli studenti devono necessariamente seguire, e insegnamenti complementari; spesso, il valore di un docente rende di importanza fondamentale un insegnamento considerato complementare; talvolta - e il danno è assai maggiore - può anche capitare il fenomeno inverso e cioè che la inefficienza di un insegnante renda inutile, se non dannoso, un insegnamento ufficialmente considerato fondamentale e pertanto obbligatorio per le povere cavie studentesche.

Tornando al grave problema della statizzazione della Facoltà di economia e commercio, avverto che esso sarà decisamente affrontato nel prossimo anno accademico, nel quale scadrà la convenzione istitutiva della Facoltà; so inoltre di poter contare, nella soluzione di questo problema, sul consenso e sull’aiuto del Ministero della P.I.

 

Facoltà di medicina veterinaria e di agraria. Il problema edilizio della Facoltà di veterinaria era stato posto da molti anni ed era stato teoricamente risolto da una legge speciale del 1957, che stanziava 400 milioni per la costruzione della nuova sede, di cui metà a carico dello Stato e metà a carico del Comune e della Amministrazione Provinciale di Pisa.

Il problema della effettiva costruzione si andava facendo sempre più urgente, sia perché con quest’anno la legge suddetta sarebbe andata in prescrizione, sia perché il trasferimento della sede della Facoltà era essenziale alla Facoltà di medicina, che aveva assoluto bisogno di ampliare lo spazio circostante l’attuale sede delle cliniche. Inoltre, la nuova sede della Facoltà di veterinaria doveva essere contigua a quella di agraria data l’affinità di alcuni Istituti delle due Facoltà. L’opera che è stata realizzata, su concorso nazionale, è stata mantenuta per la parte edilizia nei limiti della legge predetta e costituisce una soluzione decorosa per l’Università e per la città di Pisa.

La Facoltà di agraria ha avuto a disposizione, con la Tenuta di Tombolo, un grande mezzo di studio che abbisogna però di lunghe cure e profusione di mezzi prima di poter diventare pienamente rispondente ai fini per cui è stato concesso all’Università. È questo un compito di grande responsabilità, affidato ad un comitato di docenti, costituito in massima parte da professori della Facoltà di agraria, e al quale l’Università ha già offerto e continuerà a offrire il proprio aiuto finanziario.

Sempre nella Facoltà di agraria è in fase di avanzata costruzione l’edificio che ospiterà l’Istituto di genetica e per cui è preventivato un costo complessivo di 132 milioni. Da parte della Facoltà ci è giunta recentemente l’aspirazione ad un trasferimento globale nella Tenuta di Tombolo; mentre si provvederà a realizzare progressivamente questa aspirazione per quella parte degli Istituti che abbisognano di dimostrazioni sui terreni, la realizzazione integrale di tale desiderio appare vincolata non solo dalle disponibilità finanziarie che il piano della Scuola riserverà all’Università di Pisa, ma anche da alcune scelte inevitabili che sono subordinate alla realizzazione della auspicata fusione delle Facoltà di veterinaria e di agraria.

Tale fusione, che è stata oggetto localmente di studi accurati da parte di una commissione di docenti, non deve voler dire la semplice unione di due entità preesistenti, ma una nuova loro ristrutturazione volta a dare ai giovani nuovi corsi di laurea più idonei alle esigenze della attuale società nel campo delle scienze agrarie, della zootecnia, della conservazione, ispezione e controllo degli alimenti, dell’insegnamento delle moderne tecniche di coltivazione. Infatti, solo dopo questa ristrutturazione, potremo vedere aumentare il numero degli studenti in queste due Facoltà che hanno i mezzi per preparare i tecnici di cui oggi la società italiana ha estremo bisogno e che le Università, sempre per la già lamentata mancanza di autonomia didattica, non possono ancora organizzare, perché vincolate a ordinamenti superati.

Poiché l’Università di Pisa ha le Facoltà di agraria e di veterinaria fra le più antiche d’Italia e del mondo, abbiamo il dovere di impegnarci per ottenere innanzi tutto l’autorizzazione alla fusione fra le due Facoltà, condizione necessaria per assicurare il loro avvenire.

Infatti, solo se si sarà in grado di offrire ai giovani dei corsi di studi efficienti, interessanti e che garantiscano un loro utile inserimento nella società, potremo dare nuovo impulso alle due Facoltà e al tempo stesso avere la coscienza di aver ben utilizzato i mezzi, relativamente ingenti, che lo Stato loro concede.

 

Facoltà di ingegneria. I lavori edilizi per la Facoltà di ingegneria ormai realizzati sono l’ampliamento dell’Istituto di scienza delle costruzioni e il nuovo Istituto di ingegneria nucleare, costruiti nell’area circostante alla sede della Facoltà, a suo tempo sopraelevata di un piano.

A questi vanno aggiunti i lavori già approvati di sistemazione del già acquistato ex pastificio Poli, dove troverà posto l’Istituto di idraulica, il padiglione e il tunnel aerodinamici e infine l’Istituto di meccanica aeronautica.

La mancata approvazione da parte degli organi del Ministero dei Lavori Pubblici di un progetto, approntato dall’Istituto di architettura tecnica della Facoltà, per la nuova sede del biennio propedeutico, ha reso fra i più urgenti per l’Università la costruzione di aule per gli studenti del biennio, il cui numero si prevede debba grandemente aumentare per la disposizione legislativa che da quest’anno apre le porte - senza numero chiuso - ai diplomati degli Istituti tecnici.

A tale fine la Facoltà ha proposto che venga utilizzata un’area, di proprietà dell’Università, adiacente alla sede del triennio di ingegneria, dalla Facoltà stessa, che ha bisogno di spazio per i suoi futuri ampliamenti; occorrerà anche assicurare nelle vicinanze le aree sufficienti, non essendo pensabile di poter utilizzare quelle assegnate in altra zona della città dal nuovo piano regolatore; infatti gli edifici esistenti della Facoltà sono costruiti in base alle sue speciali esigenze e non si vede come possano essere permutati con altri edifici.

 

Facoltà di scienze. È ormai ultimato il nuovo grande Istituto di chimica generale, per un importo che supera il mezzo miliardo di lire, che raddoppia gli Istituti di chimica di Via Risorgimento. Era questa un’opera assai urgente, visto l’aumento del numero degli studenti di chimica, che abbisognano sopratutto di posti di laboratorio.

Inoltre è stato preparato il progetto per la costruzione di un nuovo Istituto di fisica nell’area della Cittadella, la cui disponibilità ci è stata solennemente comunicata dal Demanio dello Stato nel giorno in cui, alla presenza del Presidente della Repubblica, iniziavano a Pisa le celebrazioni del IV centenario della nascita di Galilei. Questo Istituto dovrebbe essere il vero monumento della città di Pisa al suo grande figlio.

In attesa di realizzare quest’opera, è stato intanto realizzato un ampliamento dell’Istituto di fisica con l’assegnazione di due piani del ripristinato Palazzo Venera in Via S. Maria. Qualora il progetto di realizzazione dell’Istituto di fisica nell’area della Cittadella dovesse essere troppo allontanato nel tempo, per le note vicende burocratiche connesse a quest’area, l’Università dovrà pensare a costruirlo altrove e la città di Pisa sarà costretta a conservare dei ruderi senza passato.

È inoltre imminente il passaggio dell’Istituto di matematica in nuovi locali approntati in Via Roma, dando così spazio in Sapienza alle Facoltà di giurisprudenza e di economia e commercio.

 

Facoltà di medicina. Il sogno di un grande e moderno policlinico, che assolvesse ai compiti universitari e ospedalieri della zona che gravita attorno a Pisa si è per ora arenato, in quanto che la legge che lo istituiva non ha fatto in tempo a percorrere tutto il suo iter nella passata legislatura.

Un nuovo tentativo di rianimare e unire attorno a tale problema tutte le forze politiche cittadine non ha avuto successo e perciò mi sono messo al lavoro più di tre anni or sono per rendere operante una legge del ‘57 che concedeva un contributo dello Stato fino a 600 milioni qualora gli enti locali ne dessero altrettanti - per lavori di ripristino e ampliamento delle cliniche esistenti. Varie difficoltà di ordine politico locale, ultima in ordine di tempo la lunga crisi comunale, hanno permesso che solo nel luglio scorso venisse firmata la convenzione fra Università, Comune di Pisa, Amministrazione Provinciale e Ospedali di S. Chiara, che si sono impegnati a contribuire complessivamente con 450 milioni di lire che, aggiunti ad altrettanti dello Stato, porteranno a finanziare lavori per 900 milioni.

La differenza fra i 600 milioni occorrenti per utilizzare tutta la somma data dallo Stato ed i 450 reperiti, starebbe a significare che questi sono soltanto lavori a carattere urgente ed indispensabile e che si resta sempre in attesa che lo Stato risolva definitivamente il problema del policlinico.

Insieme alla convenzione sono stati preparati anche i progetti di massima dei lavori da eseguire, che sono stati già in parte approvati dal Provveditorato alle OO.PP. La convenzione dovrà essere approvata ora a Roma da ben 4 ministeri e ciò entro il termine improrogabile del 31 dicembre prossimo; pertanto essa è oggetto di costante interessamento dell’amministrazione universitaria perché sia resa operante in tempo utile.

Quanto all’avvenire del Policlinico, che l’Università intende in ogni caso realizzare, appare oggi più concreta la soluzione nell’ambito della riforma universitaria e del relativo piano della scuola. La forma ed i limiti di tale soluzione dipenderanno ovviamente non solo dalle disponibilità finanziarie, ma anche dalle eventuali, e da più parti auspicate, modifiche che il Parlamento potrà portare, sulla prossima riforma, alle attuali strutture della Facoltà di medicina.

 

Facoltà di lettere. Al bisogno di spazio della Facoltà di lettere, costretta nei locali non più sufficienti del Palazzo Ricci, è stato dato un primo respiro assegnandole un piano nel ripristinato Palazzo Venera, dove hanno trovato posto gli Istituti di glottologia e di lingua e letteratura francese.

Anche all’Istituto di filosofia è stata data una sede propria. Ulteriori ampliamenti dei locali della Facoltà sono allo studio, sopratutto in vista di realizzare l’auspicata unione, nel settore delle lingue moderne, con le analoghe istituzioni della Sezione di lingue della Facoltà di economia e commercio.

 

Facoltà di giurisprudenza. Alcuni istituti della Facoltà di giurisprudenza hanno trovata provvisoria sede in locali situati fuori della Sapienza, in attesa che tale palazzo possa essere completamente destinato alla Facoltà stessa e a quella di scienze politiche, quando l’attuale corso di laurea potrà, nel piano della Scuola, divenire una facoltà autonoma. La piena disponibilità del Palazzo della Sapienza è legata al trasferimento della Biblioteca universitaria al Palazzo Vitelli, trasferimento che l’Università considera urgente, sempreché esso si accompagni ad un ragionevole accordo atto a rendere più funzionale e più rispondente alle esigenze dell’Università la biblioteca che si chiama universitaria.

 

Facoltà di farmacia. I problemi di questa Facoltà, che legittimamente aspira a una sua completa autonomia, sono in corso di soluzione rendendo pienamente funzionale l’edificio per essa già costruito.

 

I lavori di costruzione che ho rapidamente elencato, quando non sono stati realizzati con leggi speciali, sono stati finanziati con i fondi del piano della scuola, il cui ammontare ha quasi raggiunto i trecento milioni per opere edilizie e quasi cento milioni per le attrezzature relative, per ciascuno dei due anni trascorsi.

Oltre al contributo ordinario dello Stato, abbiamo avuto anche in questi anni il contributo per attrezzature didattiche e scientifiche dI 170 milioni.

Un settore che è sempre carente è quello della dotazione degli istituti, per molti dei quali quanto l’Università può dare, non arriva a sopperire nemmeno alle spese di ordinario funzionamento. Il piano della scuola dovrà mettere ordine in questo settore, assicurando l’autosufficienza agli istituti, ora costretti a cercare i finanziamenti per la ricerca da altri enti, in modo precario e senza garanzia di continuità per l’avvenire.

 

L’Opera Universitaria ha visto in parte assolti i propri compiti dalla progressiva realizzazione dell’assegno di studio, il cui ammontare per l’anno ’63-’64 è stato a Pisa di L. 102.400.000 e per l’anno ’64-’65 di L. 160.960.000. Tanto si è detto su questo nuovo istituto, che attende di essere snellito e reso più equo, da modifiche radicali da apportarsi alla legge istitutiva. La cosa essenziale da osservare è che il vero aiuto che si può dare agli studenti di disagiate condizioni economiche non è con l’elargizione di denaro, sempre insufficiente di fronte al crescente costo della vita, ma fornendo loro, gratuitamente o a prezzo equo, servizi essenziali del vitto e dell’alloggio nell’Università.

Noi abbiamo voluto lo scorso anno, con un atto di fiducia verso la classe studentesca, dare direttamente in gestione la mensa universitaria ad un comitato presieduto dal preside della Facoltà di veterinaria professor Romboli, e composto dal dott. Bertini, assistente nell’Università e già presidente dell’ORIUP, e da tre studenti nominati dall’organismo rappresentativo. I pasti distribuiti lo scorso anno, al prezzo medio di L. 250, sono stati quasi 600.000 con un deficit medio per pasto di L. 75, sopportato dall’Opera Universitaria. Ringrazio vivamente il prof. Romboli ed il dott. Bertini, per la passione con cui hanno svolto la loro opera; tale ringraziamento estendo a tutti i membri del Comitato di gestione, nel quale mi auguro che nuove forze, animate di pari buona volontà, siano pronte ad avvicendarsi a quegli studenti che per ragioni di studio non potranno più continuare la loro opera.

L’incremento della frequenza della mensa ne rende urgente un raddoppiamento, non essendo per ragioni tecniche pensabile un ulteriore ampliamento della sede attuale.

A tal fine è stato recentemente acquistato un terreno in via Bonanno per una seconda mensa che accoglierà gli studenti delle Facoltà di ingegneria, di farmacia e di scienze, i cui istituti sono dislocati in quella zona.

Altro problema fondamentale è quello della costruzione di alloggi per gli studenti, al quale la costruzione recente di una nuova ala della casa dello studente ha dato un contributo significativo, ma ben lontano dalle effettive necessità.

L’Opera Universitaria ha conferito inoltre per concorso oltre un centinaio di borse di studio a studenti e a laureati e più che altrettanti sussidi a studenti di disagiate condizioni.

È opportuno, a questo punto, che io precisi la situazione attuale dei collegi universitari pisani: la Scuola per le scienze applicate «Antonio Pacinotti» e il Collegio medico-giuridico.

Esiste a Pisa, a fianco dell’Università, la Scuola Normale Superiore, che tanti meriti si è acquisita nell’alta cultura italiana, nei suoi 150 anni di storia.

Il successo della Scuola Normale è fondato, oltre che sulla forza delle alte tradizioni, su tre elementi fondamentali:

 

l) il reclutamento degli allievi solo con concorso nazionale ed esclusivamente in base al merito;

2) la qualità dei docenti della Scuola Normale stessa;

3) la collaborazione con la Scuola Normale dei docenti dell’Università di Pisa.

 

Questo terzo punto è essenziale non solo perché gli allievi della Scuola Normale sono anche allievi dell’Università, ma perché i professori delle Facoltà di scienze e di lettere dedicano ad essi corsi e seminari speciali e soprattutto perché partecipano, con notevole spirito di sacrificio, agli esami di ammissione alla Scuola, esami che impegnano per più settimane i docenti e che sono la base fondamentale perché sia fatta una equa e responsabile scelta esclusivamente in base al merito.

Sul modello della Scuola Normale sono stati istituiti di fatto, da poco più di 10 anni, i collegi universitari pisani, in cui l’ammissione degli studenti è pure fatta su scala nazionale e in base al merito. La vita dei collegi è stata però assai precaria, perché pur avendo l’Università provveduto a una per ora sufficiente loro sistemazione edilizia, manca ogni regolare finanziamento per la loro gestione. Abbiamo condotto una dura battaglia su due fronti: da un lato per reperire finanziamenti atti a tenere in vita i collegi e dall’altro per promuovere la legge istitutiva che ne garantisca la vita per l’avvenire. Sul fronte dei finanziamenti, i collegi che ospitano un centinaio di giovani meritevoli, hanno attraversato fasi alterne: ad es. mentre per il 1963-64 abbiamo avuto un contributo sufficiente dal Ministero della Pubblica Istruzione, abbiamo fondati timori circa l’entità del contributo che riusciremo ad avere per l’anno passato e per il prossimo. Quanto alla legge istitutiva dei due collegi, in un ente a latere dell’Università di Pisa, essa sarà presentata prossimamente dal Ministero della Pubblica Istruzione al Consiglio dei Ministri, con un finanziamento già assicurato dal Tesoro, di 100 milioni annui.

 

La vita assai grama dei collegi in questi anni ha permesso solo una forma embrionale di quella assistenza culturale che essi dovrebbero fornire ai giovani se si tiene a modello la Scuola Normale. Dopo l’approvazione della legge, questa assistenza potrà essere gradualmente attuata, nonostante che, per alcune facoltà a indirizzo più tecnologico e professionale, il problema assuma carattere diverso. La realizzazione di ciò dipenderà non solo dai mezzi a disposizione, ma anche e soprattutto dalla misura della collaborazione che vorranno dare i docenti delle rispettive facoltà.

 

In ogni caso io mi auguro di potere avere la collaborazione della Scuola Normale, soprattutto per i corsi di perfezionamento per i laureati, nei quali si può meglio distinguere chi voglia dedicarsi a studi ulteriori, da chi intende avere solo un titolo a carattere professionale.

Questo problema dei perfezionamenti apre la strada a una proficua collaborazione tra Università e Scuola Normale, le quali, unendo insieme le loro forze, potranno organizzare in modo veramente serio ed esemplare per tutte le Università italiane i primi corsi di dottorato di ricerca di cui parla il disegno di legge Gui sulla riforma universitaria.

Ho così esposto a grandi linee i risultati di due anni di intenso lavoro. Per gli stessi motivi per cui non si è tenuta l’inaugurazione ufficiale dei due ultimi anni accademici, così non abbiamo voluta alcuna inaugurazione ufficiale di edifici o di altre realizzazioni, anche cospicue, sul piano delle attrezzature scientifiche, che, per brevità della mia relazione, non ho nemmeno citato.

Preferiamo, in tempi di eccessivi clamori verbali, che siano soltanto i fatti a testimoniare del fervore di vita e di opere del nostro Ateneo.

Ma vi è una iniziativa che, anche se voluta e perseguita da me con intenso personale lavoro, va ugualmente conosciuta perché costituisce un riconoscimento di alto valore internazionale per l’Università di Pisa e di prestigio per l’Italia; perciò ho voluto che venisse inaugurata con la massima solennità.

 

Ho accennato alcune volte, in questa relazione, alla utilizzazione del Palazzo Venera di Via S. Maria che è stato dall’Università acquistato e ripristinato a nuova dignità.

In un piano di questo palazzo e in un edificio speciale, appositamente costruito nell’area adiacente, ha trovato posto il Centro nazionale universitario di calcolo elettronico, al quale la Società IBM-Italia ha dato in uso gratuito il suo più grande calcolatore elettronico del valore di oltre due miliardi di lire.

L’inaugurazione di questo Centro avverrà sabato prossimo alla presenza del Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, e dei Rettori delle altre Università italiane, le quali potranno servirsi del nostro Centro per le loro ricerche scientifiche; questa inaugurazione avviene esattamente quattro anni dopo che il Presidente Gronchi aveva inaugurato la Calcolatrice pisana CEP, che ha costituito la premessa essenziale perché Pisa fosse scelta a sede di una così eccezionale iniziativa.

 

Per questa ragione non sto ora ad illustrare l’importanza per l’Università di Pisa di poter disporre di un tale potente mezzo di indagine, che rappresenta un traguardo importante nella storia del nostro Ateneo.

 

In occasione della inaugurazione del Centro nazionale universitario di calcolo elettronico, si riunirà a Pisa la conferenza permanente dei Rettori, che terrà le sue sedute anche nel giorno successivo, per trattare alcune importanti questioni di fondo che interessano tutte le Università italiane.

Data la vicinanza delle due manifestazioni, il Senato accademico ha inoltre ritenuto opportuno di soprassedere per quest’anno alla prolusione accademica, che ordinariamente seguiva la relazione del Rettore.

 

Più volte nel corso di questa mia relazione ho accennato alle attese della prossima riforma universitaria e del piano della scuola.

Tale riforma ha preso l’avvio dai lavori della Commissione di indagine istituita con la legge 24 luglio 1962 n. 1073, la quale ha prefissato termini troppo ristretti per un serio esame, che poi non si sono potuti osservare. L’imponenza dei problemi da risolvere avrebbe presupposto un più lungo e meditato studio; l’urgenza poi di alcuni problemi avrebbe richiesto delle decisioni di carattere immediato, anche se non definitive.

In tutto il coro incomposto di voci, non sempre disinteressate, volte a sottolineare i mali dell’Università e i rimedi per essi, c’è però una voce unanime di tutte le componenti della vita universitaria, e cioè che vi sia un chiaro riconoscimento dell’autonomia delle Università, in modo che esse, sul piano didattico e scientifico, possano sperimentare nuove vie, aggiornare i propri ordinamenti, individuare i propri errori e correggerli, al servizio della cultura, degli interessi dei giovani rivolti verso l’avvenire, e avendo di mira solo il progresso civile del paese. Un’altra esigenza è quella di avere ordinamenti flessibili, diversi da Facoltà a Facoltà, che possano adattarsi alle effettive necessità di ciascuna.

Per esempio, per indicare oggi il male che travaglia l’Università, si parla dell’accresciuto numero degli studenti e si pretende di rimediare a tale difficoltà con ordinamenti uniformi per tutte le Facoltà.

Ciò non è vero per tutte le Facoltà o lo è in misura assai diversa; sono poi assai diversi i problemi delle Facoltà morali rispetto a quelli delle Facoltà scientifiche. Sono necessarie pertanto strutture differenziate a seconda del tipo di Facoltà.

Ben conoscendo le esigenze dei riformatori, noi sappiamo che potremo sentirci proporre delle innovazioni non sempre apportatrici di progresso, troppi essendo i compromessi a cui esse avranno dovuto soggiacere prima di vedere la luce, e troppo breve essendo il tempo in cui sono state concepite e meditate. Ci auguriamo, tuttavia, che i legislatori diano nuove strutture veramente idonee ad avviare l’Università sulla via del progresso.

La nostra particolare posizione, come quella di molti docenti dello Studio pisano, di essere cioè allievi di quella Scuola Normale, che sempre ha accolto a braccia aperte i giovani di ogni parte d’Italia, senza tener conto del censo ma solo delle capacità di ciascuno, ci permette di guardare con serena fiducia alle future trasformazioni, certi che il progresso dell’Università italiana potrà anche essere favorito da migliori strutture e da mezzi più idonei, ma certi anche che esso sarà condizionato soprattutto dalla possibilità di poter sempre contare su uomini di alte qualità intellettuali, che alla cultura ed alla Università dedichino tutta la vita.

 

Con questi sentimenti dichiaro aperto l’anno accademico 1965-66, 622° dalla fondazione.

 

Consegnerò ora agli illustri Maestri professori: Corrado Ruggiero, Sebastiano Paltrinieri, Stefano Monatti, Mario Benazzi, Aurelio Peretti, Giuseppe Moruzzi, Gabriele Monasterio, la medaglia d’oro di benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte loro conferita dal Presidente della Repubblica, quale riconoscimento della Nazione per quanto essi hanno fatto per tenere alto il prestigio dell’università italiana.

Consegnerò inoltre il Premio biennale De Fazi al prof. Antonio Da Settimo Passetti.

 

Alessandro Faedo

 

Da: Annuario dell’Università degli studi di Pisa per l’anno accademico 1965-1966.

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