1948 - Inaugurazione a.a. 1948-1949

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Palazzo della Sapienza, Aula magna nuova, 6 novembre 1948.

Inaugurazione a.a. 1948-1949

Relazione del rettore prof. Enrico Avanzi per l’anno accademico 1948-1949

 

Eccellenze, Signori, Chiarissimi Colleghi, Cari Studenti

Tra le attività svolte dall’Ateneo pisano nell’anno accademico 1947-1948 sono emerse due manifestazioni, che hanno avuto una larga eco in Italia e negli ambienti scientifici stranieri: la celebrazione del 10° Centenario di Curtatone e Montanara, l’attuazione del 111° Congresso dell’Unione matematica Italiana.

La prima è stata particolarmente caratterizzata dalla concessione della medaglia d’oro al valore militare alla storica bandiera del Battaglione Universitario Toscano, con la motivazione che desideriamo rammentare, nell’attesa che essa sia incisa in una lapide da opporre in questa sede:

 

«A riconoscimento della luminosa tradizione segnata, un secolo fa nella giornata di Curtatone del Battaglione Universitario Toscano e riaffermata dagli Universitari italiani in tutte le guerre del Risorgimento e successive, con largo contributo di volontari e partigiani. A testimonianza della riconoscenza della Patria per le generazioni studentesche italiane che il Paese intende onorare ed esaltare nel glorioso vessillo che l’Ateneo di Pisa ha il privilegio di custodire».

 

Questa celebrazione, ha dato luogo ad una interessante mostra di carattere storico, alla raccolta e pubblicazione di molti documenti inediti e allo svolgimento di varie conferenze commemorative, tenute da colleghi di questa e di altre università.

II Congresso di matematica raccolse personalità delle scienze matematiche estere e nazionali, ed ebbe così un carattere internazionale, procurando, non solo all’Ateneo, alla Scuola normale superiore e alla Scuola matematica pisana, ma anche alla nostra città e alla nostra patria, espressioni di amicizia, di ammirazione e di gratitudine, che ci hanno profondamente commossi.

Con queste manifestazioni l’Università pisana ha voluto riaffermare la sua piena vitalità nel campo dei valori morali e la sua volontà di ripresa, dopo le vicende belliche che hanno prostrato la città e recato danni gravissimi agli istituti scientifici e culturali; e, nel fare ciò, ha avuto motivo di richiamare l’attenzione delle competenti Autorità sui gravi e urgenti problemi che incombono su Pisa e il suo Ateneo.

 

A coronamento di lunghe pratiche della nostra Università, venivano regolarmente iniziati i corsi della Facoltà di economia e commercio con annessa Sezione di lingue e letterature straniere, la cui attività venne ufficialmente inaugurata in quest’aula il 2 marzo 1948, con la prolusione: «L’economia pisana fattore di progresso», tenuta da Giuseppe Togni, allora Ministro per il coordinamento economico, il quale, dopo essersi vivamente interessato della istituzione della nuova Facoltà, persevera nella sua azione.

La Facoltà continua nell’anno accademico l948-49 il suo funzionamento, ma non ha ancora carattere definitivo, perché dobbiamo vincere difficoltà di ordine generale e di carattere particolare.

La causa che sosteniamo è giusta, ed appunto perciò ha autorevoli patrocinatori nel mondo culturale italiano, oltre che da parte delle personalità politiche locali. Per essa questo Ateneo continuerà a battersi fino all’auspicato conseguimento del fine.

Nei primi mesi del decorso anno accademico abbiamo dovuto sostenere una vivace controversia riguardo alla protrazione dei corsi sdoppiati d’Ingegneria presso l’Università di Firenze. La Facoltà di ingegneria di Pisa, in pieno accordo col Senato accademico, basandosi sulle disposizioni emanate dal Superiore Ministero, credette di non concedere la collaborazione nella forma che le era stata proposta; e ciò fu conforme alla serietà degli studi e al decoro della Facoltà, che con i suoi 1.728 iscritti è la più popolata del nostro Ateneo.

La popolazione studentesca dell’anno accademico 1947-48 ha raggiunto la cifra di 7.155, che è superiore di circa 650 unità a quella complessiva dell’anno precedente; nel quale figuravano 1647 allievi delle Sezioni staccate, che sono passati, nella grande maggioranza, alla Facoltà di Economia e commercio e alla Sezione di lingue e letterature straniere.

Qualche particolare considerazione deve essere fatta circa il rapporto esistente fra il numero degli studenti regolari e quello dei fuori corso.

I rilievi che si possono fare al riguardo sono molto interessanti e mettono in evidenza che nell’anno accademico 1947-48 ben 2887 studenti, cioè il 40% della popolazione scolastica, erano fuori corso Prescindendo dalla Facoltà di Economia e commercio con la Sezione di lingue e letterature straniere, che è troppo recente per dare delle cifre comparabili con quelle delle altre facoltà, emerge che le maggiori percentuali (65%) dei fuori corso sono date dalle Facoltà di Agraria e di Medicina veterinaria; segue la Facoltà di Ingegneria che contava 946 fuori corso, corrispondenti al 55% degli iscritti; mentre le cifre più basse sono date dalla Facoltà di Medicina e chirurgia, col 18%, e dalla Facoltà di Farmacia col 33%.

La esposizione di queste cifre prospetta la serietà di un problema che può essere fonte di importanti considerazioni; e ciò per il fatto che il numero degli studenti fuori corso è notevolmente aumentato.

Infatti, nell’anno accademico 1945-46, in questo centro di studi, su 4.055 studenti se ne avevano 609 fuori corso, cioè il 15%; mentre per gli Istituti universitari dell’intera Nazione su 236.215 iscritti si avevano 46.552 fuori corso, che corrispondevano alla percentuale del 19%.

È fuori discussione che l’impressionante aumento del numero degli studenti fuori corso è una delle conseguenze della guerra, ed è presumibile che in questa Università, la quale si trova nel centro di una zona molto provata dalle vicende belliche, il fatto abbia avuto una particolare manifestazione. Ma, comunque, la anormalità della situazione non può non richiamare l’attenzione del Superiore Ministero, circa l’opportunità di venire incontro ai giovani volenterosi - che possono in realtà ritenersi disoccupati in attesa di una qualificazione professionale - disponendo speciali sessioni di esami, le quali, lungi dal corrispondere a minore severità di giudizio, devono richiedere una maturità di preparazione adeguata ai compiti che spettano, specialmente ora, alla classe intellettuale del Paese.

Per quanto riguarda Pisa, se non intervengono mutazioni nel ritmo del conseguimento delle lauree, il numero dei fuori corso aumenterà ancora nell’anno accademico che inizia con oggi: infatti, il numero dei laureati durante l’anno 1947-48, essendo stato di 456 rispetto a quello di 489 per il 1946-47, mette in rilievo una lieve regressione nel conseguimento del titolo dottorale.

Hanno conseguito la lode 41 allievi, e precisamente: per la Facoltà di Giurisprudenza: di Giulio Fernando, Gallo Giovanna; per la Facoltà di Lettere e Filosofia: Inghirami lsabella, Bollati di Saint Pierre Giulio, Romano Giovanni, Bortolotti Arrigo, Puccetti Enzo, Morro Donato, Santulli Aldo, Teresin Giuseppe, Pasquinelli Angelo, Garritano Giuseppe; per la Facoltà di Medicina e Chirurgia: Franceschetti Paolo, Bianchi Enrico, Rossi Antonio, Torsoli Aldo, Mollica Amilcare, Andreani Domenico, Pattole Ettore, Marianini Bianca, Lombardi Michele; per la Facoltà di Scienze F.M.N. Tarabussi Maria, Catelani Rita, Quaratesi Luigi, Lopane Fausta, Dall’Amico Angelo, Merlini Alfonso, Salardi Giovanni, Gibellato Silvio, Guerrieri Annibale, Sonnino Giacomo, Gemignani Giuseppe, Capriz Gianfranco; per la Facoltà di Ingegneria: Scalesse Sergio, Scalesse Vittorio, Zecchi Enrico, Madrigali Luigi, Bracci Virgilio, Ruelle Antonio, Massetti Fabrizio; per la Facoltà di Medicina e Veterinaria: Lamanna Giuseppe.

 

Consideriamo come una manifestazione dannosa alla serietà degli studi l’afflusso verso i grandi centri, ma comprendiamo che le mutate esigenze rispetto al passato possano indurre anche più tenaci assertori del valore delle tradizioni, a seguire la tendenza generale, che sembra vada sempre di più accentuandosi, di avviarsi verso le grandi città, nelle quali maestri e discepoli sminuiscono la loro personalità e dove non è facile trovare il modo ed il tempo per prodigare e accumulare riserve di energie spirituali. A tale orientamento soggiace questo centro di studi, tantoché l’afflusso verso le città maggiori è diventato pericolo negli anni del dopo guerra. Nel 1912-13 l’Università di Pisa, in base al numero degli iscritti teneva il 10° posto fra le Università e gli istituti superiori; nel 1937-38 era retrocessa, al 13° posto, nel 1945-46 era scesa al 16°.

Le distruzioni della guerra hanno posto la città di Pisa in condizioni di inferiorità rispetto ad altri centri che furono risparmiati o che avevano maggiori riserve materiali per una più pronta ripresa, Però, di fronte a questo stato di cose, il potere di adattamento, che può essere prezioso per brevi periodi critici, diventa un danno sicuro per le istituzioni, le quali, come l’Università vivono dell’afflusso periferico dei maestri e dei discepoli; prive del quale, languono nella mediocrità e possono finire nell’abbandono.

Per un insieme di circostanze sfavorevoli alla città di Pisa, la nostra Università, corre il rischio di essere considerata una sede di transito anziché una mèta; e se ciò dovesse verificarsi, essa che era grande quando non raggiungeva 1000 studenti - i quali però in gran parte, venivano da tutte le regioni d’Italia e anche dall’estero - non sarebbe più tale con una popolazione scolastica 8 volte maggiore. Di qui la urgente necessità di potenziarla nei suoi istituti e nei suoi uomini.

Questo compito contribuirà ad assolvere, sul limite delle sue possibilità, il Consorzio interprovinciale universitario, il quale con un provvedimento in corso, avrà l’ufficiale riconoscimento come continuazione di quello scaduto.

 

L’applicazione della recente legge sui limiti di età dei professori, toglie alla cattedra, che avevano illustrato col sapere e con l’esempio, i maestri che vi erano stati conservati per il decorso anno accademico. Intendiamo alludere a Ferdinando Belloni Filippi, Annibale Evaristo Breccia, Agostino Diana, Pietro Ermenegildo Daniele, Francesco Galdi, Gino Gallo, Augusto Mancini, Matteo Marangoni, Luigi Puccianti, Alfredo Quartaroli e Giovanni Vitali.

A questi si sono aggiunti Attilio Gentili, Clemente Merlo, Giovanni Battista Picotti e Italo Simon, ma sembrano fondate le speranze nella emanazione di disposizioni atte a correggere qualche provvedimento od a protrarre il collocamento fuori ruolo dei professori che non possono essere tempestivamente sostituiti da un nuovo titolare.

Armando Carlini, collocato a riposo dal gennaio 1945, è stato riammesso in servizio, con valore retroattivo, e ricollocato fuori ruolo dal 1 novembre del c.a.

Mentre attestiamo la riconoscenza di questo Ateneo ai maestri che lasciano il loro insegnamento, formuliamo il desiderio che, nello spirito della legge, siano tutti conservati all’attività didattica e scientifica di questa Università; perché essi, scendendo dalla loro cattedra, salgono nella generale estimazione e diventano ancora più maestri della vita oltre che della Scuola.

Ai vuoti dianzi indicati, si aggiungono quelli prodotti dai trasferimenti dei professori che seguono: Beniamino De Vecchis, ordinario di Clinica odontoiatrica, trasferito all’Università di Roma; Walter Maturi, ordinario di Storia del Risorgimento, trasferito all’Università di Torino; Giuseppe Morandini, ordinario di Geografia, trasferito all’Università di Padova; Silvio Pellegrini, ordinario di Filologia romanza, trasferito all’Università di Bologna; Giuseppe Russo, ordinario di Entomologia agraria, trasferito all’Università di Napoli; Igillo Spadolini, ordinario di Fisiologia, trasferito all’Università di Firenze.

A questi Colleghi, che, con profondo rincrescimento, vediamo staccarsi dalla nostra Università, porgiamo un saluto affettuoso e un fervido augurio di bene, sicuri che essi conserveranno un caro ricordo della loro permanenza nel nostro Ateneo.

Il saluto augurale ai viventi è velato dal dolore per la scomparsa di valorosi liberi docenti della nostra università: Agostino Rastrelli, incaricato di Idraulica agraria, scomparso improvvisamente a Firenze il 25 gennaio 1948 nella pienezza della vita, mentre stava per conseguire il premio della sua operosità scientifica

 e didattica; Quinto Vignolo, spentosi a Lucca il 10 settembre 1948 seguito nella tomba da un altro grande allievo di Antonio Ceci: Francesco Niosi, che è mancato tra il generale compianto, il 4 ottobre decorso.

Rammentiamo che la Famiglia Rastrelli ha donato alla Facoltà di Agraria la biblioteca del suo Congiunto, e nel rammentare che Francesco Niosi, nel periodo prebellico, aveva istituito una borsa di studio per gli studenti di Medicina, esprimiamo il pensiero che su questa fondazione possano convergere, nel nome dello Scomparso nuovi contributi, onde renderla adeguata all’attuale situazione monetaria.

Nel decorso anno accademico sono stati nominati, in seguito a concorso, i seguenti titolari: Giacomo Mottura, per l’Anatomia e istologia patologica; Paolo Graziosi, per la Paleontologia umana; Giuseppe Pintus, per la Clinica delle malattie nervose e mentali.

Cataldo Cassano è passato dalla Patologia medica alla cattedra di Clinica medica, e succede così al suo maestro.

Nel porgere il saluto augurale a questi colleghi, esprimiamo la certezza che la loro opera contribuirà a dare nuovo lustro a questa Università.

Con viva soddisfazione auguriamo che in seguito agli ultimi concorsi finora espletati, salgono alla cattedra universitaria: Renato Giovannozzi per la Scienza delle macchine; Curzio Massart per l’Anatomia umana; Bruno Romboli, per la Patologia generale e anatomia patologica veterinaria.

Rammentiamo altresì che in seguito all’esito dei concorsi per libera docenza sono, fino ad ora, riusciti vincitori: Passerin d’Entreves Ettore per la Storia del risorgimento; Aldo Marsili per la letteratura latina; Renato Bandettini per l’Odontoiatria; Mario Cherubino per l’Otorinolaringoiatria; Giovanni Gigli per la Patologia medica; Giuseppina Lentati Benazzi per l’Anatomia comparata; Glauco Nullo Lepori per l’Anatomia comparata: Emilio Battaglia per la Botanica; Francesco d’Amato per la Botanica; Elio Panizzi per la Patologia chirurgica; Landolino Giuliano per l’Analisi matematica, algebrica ed infinitesimale; Mario Tognetti per la geometria analitica con elementi di proiettiva e geometria descrittiva con disegno; Ranieri Favilli per l’Agronomia Generale e coltivazioni erbacee.

Nell’esprimere a tutti questi giovani il nostro caldo plauso, manifestiamo la certezza che essi, nel nome della loro università e dei loro maestri, sapranno onorare la scienza e la Scuola, le quali contano sulle fresche e sane energie dei nuovi docenti.

 

I trasferimenti che saranno attuati e i concorsi che verranno espletati colmeranno una parte dei vuoti che abbiamo citato, ma per l’attuazione pratica sorgono difficoltà di ordine edilizio ed economico, a causa della mancanza di alloggi.

E’ un problema d’importanza fondamentale che è attentamente seguito dal Consiglio di Amministrazione e dal Senato accademico, perché gli sforzi per ricostruire i laboratori e per provvedere al loro arredamento, perderebbero buona parte della loro utilità se non si rendesse possibile a chi anima e dirige gli istituti scientifici e culturali di avere una residenza in Pisa.

Il problema degli alloggi rimane sempre assillante anche per gli assistenti e gli allievi, i quali, di fronte ad adattamenti ed a sacrifici per risiedere in Pisa, non raramente preferiscono altre università.

Abbiamo realizzato notevoli progressi nel funzionamento della mensa universitaria, ma non siamo ancora in grado di offrire una conveniente ospitalità ai giovani che provengono dalle città vicine e che permangono a Pisa nelle ore diurne; e ciò perché la «Casa dello studente» è sempre occupata dagli uffici delle Poste e telegrafi, a causa del ritardo col quale avviene la riparazione della loro sede. Non possiamo neppure accogliere i giovani nei locali del «Collegio Mazzini» perché l’Amministrazione provinciale non ha ancora potuto completare il ripristino del suo palazzo.

Le soluzioni sono però prossime, e saranno attuate entro breve tempo.

Le parziali ricostruzioni dei fabbricati ove hanno sede gli Istituti di Mineralogia, di Geologia, di Geografia e di Fisica non sono ancora ultimate a causa della esasperante lentezza con la quale hanno proceduto i lavori.

È stato iniziato il completamento di un’ala del fabbricato ove ha sede la Facoltà di Agraria, che ebbe gravi danni dalle azioni belliche e dalla occupazione di reparti armati.

Nel decorso anno sono stati assegnati, per le ricostruzioni edilizie, complessivamente 15 milioni; per l’anno in corso sembra che potremo disporre di altri 30 milioni; ma la somma è troppo esigua rispetto alle persistenti ed urgenti necessità.

Mentre hanno particolare urgenza le riparazioni per i danni di guerra, insistiamo nel mettere in rilievo che si impone l’attuazione dell’assetto edilizio della sede della Università e nei suoi Istituti; assetto edilizio che le vicende belliche hanno interrotto. A tale scopo sono in corso le pratiche per ottenere la continuità della convenzione stipulata nel 1930 fra l’Università, gli Enti locali e lo Stato. A questo fine sembra si possa fare affidamento sui fondi richiesti dal Ministero della Pubblica istruzione sul piano ERP.

In seguito agli accordi di massima già presi dalla Università con il Sindaco di Pisa e il Presidente della Deputazione provinciale di Pisa, è avviato verso una felice soluzione il grave problema della sede per la Facoltà di Veterinaria, la quale pur costretta in troppo angusti confini, costituiva un ostacolo all’espansione della facoltà di Medicina e chirurgia che richiede la pronta costruzione di nuove cliniche e istituti.

Secondo il progetto allo studio, essa verrebbe trasferita accanto alla sede della Facoltà di Agraria; e così i suoi istituti scientifici sorgerebbero in una zona particolarmente adatta alle loro ricerche e alle loro attività.

Non vogliamo ancora disperare che, in conformità delle deliberazioni che furono prese dalle Autorità pisane dopo il passaggio della guerra, la sede dell’edificio per i Vigili del fuoco -che nel 1941 si volle ad ogni costo collocare nel podere sperimentale della Scuola agraria pisana - trovi una più adatta ubicazione, anziché incunearsi tra gli edifici di queste due facoltà, che ne verrebbero entrambe menomate.

Non meno gravi sono le necessità di provvedere all’arredamento degli istituti scientifici e culturali, dato che la somma straordinaria di 5 milioni accordata nel decorso esercizio finanziario alla nostra Università, è stata troppo inferiore ai danni subiti dalla guerra ed è apparsa sproporzionata rispetto a quella messa a disposizione di altri centri universitari.

Anche a questo riguardo facciamo affidamento sui fondi del piano ERP; ma, per queste assegnazioni, come per qualsiasi contributo di carattere straordinario che lo Stato possa assegnare alle università e agli istituti superiori, osiamo proporre congrui accertamenti, onde tutti possano essere certi che i mezzi disponibili, specialmente se sono scarsi, vengano distribuiti ed impiegati con scrupolosa saggezza. Analoghe considerazioni potremmo fare per i posti di ruolo.

A questo scopo, riteniamo che le università e gli istituti superiori, animati dallo spirito di riconoscenza per la tenace ed illuminata opera svolta dal Ministero della P.I. e guidati dall’amore per la scuola e la scienza, sarebbero lieti di mettersi a disposizione del Superiore dicastero per assecondare - attraverso sopraluoghi, riunioni ed accordi - le sue iniziative e per conseguire i massimi risultati.

 

Mentre Pisa e la sua Università sono protese in uno sforzo concorde alla riparazione dei danni bellici, guardano, con fiduciosa attesa, alle possibilità di disporre dei beni demaniali che furono già di dotazione della Corona, con particolare riguardo alle tenute di S. Rossore e di Tombolo.

L’assegnazione a Pisa di questi beni costituirebbe un necessario contributo alla ripresa della città e del suo centro universitario.

Abbiamo sostenuto e sosteniamo che l’Università, come ente statale, possa avere al riguardo i maggiori titoli; anche in vista della concordanza fra le aspirazioni dalla città e quelle dell’Ateneo, le quali, lungi dall’essere in contrasto, convergono verso un fine comune.

 

Vogliamo sperare che le pratiche possano giungere a lieto fine e, in questa attesa, abbiamo fondata fiducia nella concessione di una congrua, parte della tenuta di S. Rossore alla Facoltà di agraria, la quale, in virtù dei programmi predisposti, intende promuovere, non solo la istituzione di una Scuola normale superiore di Agraria, ma anche di far sorgere un centro nazionale d’istruzione professionale per operai agricoli. Se questo progetto sarà realizzato, la Scuola agraria pisana sarà posta in condizioni di riprendere, come centro di studi agrari, il primato che già ebbe allorché essa, prima del mondo, assurse nel 1843 al grado universitario.

Crediamo di intravedere un promettente inizio di un Collegio universitario per studenti stranieri, negli accordi presi dal Direttore dell’Istituto di studi per la riforma sociale annesso a questa Università, con il Rettore della università di Francoforte; tali accordi, appoggiati dalla rappresentanza diplomatica dell’Italia in Germania, consentiranno che nell’anno accademico 1948-49 un primo gruppo di studenti e laureati tedeschi, possa svolgere ed ampliare gli studi nella Università di Pisa.

L’Istituto Cristoforo Colombo, che ha sede in Viareggio, ospiterà i giovani studenti della università tedesca. Questo istituto, dietro opportune convenzioni, potrà, prestarsi allo sviluppo della iniziativa presa, la quale potrà avere nel centro scientifico, culturale e linguistico di Pisa e nella pittoresca e salubre sede di Viareggio, le basi necessarie per un fecondo scambio e una proficua collaborazione scientifica, culturale e sociale fra paesi diversi, contribuendo a creare i presupposti indispensabili per il concorde sviluppo della civiltà dei popoli.

 

Con la mente legata alle tradizioni di questa città e di questa Università e con la visione di un avvenire di lavoro pacifico e fecondo, interprete dei sentimenti dei Colleghi, porgo il saluto riconoscente a tutte le Autorità, le Associazioni, gli Uffici pubblici e ai Cittadini che in modo diverso hanno collaborato e collaborano per la prosperità del nostro Ateneo; nonché agli Assistenti,Funzionari e Subalterni che col loro diuturno lavoro si prodigano per preparare giorni migliori alla nostra Università; e saluto con affetto i giovani allievi, i quali sono la nostra fede, ma devono essere anche il nostro orgoglio.

Col pensiero rivolto alla missione di questo Ateneo, dichiaro aperto l’anno accademico 1948-49, 605° dalla fondazione, e prego il collega prof. Francesco Cecioni, ordinario di Analisi matematica, algebrica ed infinitesimale, di svolgere la sua prolusione: «Alcune riflessioni sui principii della matematica».

 

Da: Annuario dell’Università degli studi di Pisa per l’anno accademico 1948-1949.

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